Il martedì è mini, il passo falso è maxi
di Francesco Foti
Il MiniTuesday, che nella giornata di ieri ha visto Sanders e Biden contendersi il voto dei cittadini degli stati di Washington, Idaho, North Dakota, Michigan, Mississippi e Missouri, segna un ulteriore passo avanti della campagna dell’ex Vicepresidente, mentre si rivela quasi una Caporetto per il senatore del Vermont.
Prima della riscossa di Joe, Bernie era dato favorito tanto negli stati del West - Washington, Idaho e North Dakota - quanto nello stato centrale del Michigan, territori da lui già conquistati nel 2016. E se era data per certa la vittoria di Biden in Mississippi, il Missouri era considerato contendibile.
Purtroppo le previsioni si sono rivelate sin troppo rosee. Biden ha portato a casa non solo il già previsto Mississippi, ma lo stesso Missouri, l’Idaho e il Michigan. Sanders si afferma solo in North Dakota e nello stato di Washington.
Sanders aveva bisogno di un risultato molto solido, che per lo meno confermasse quello di quattro anni fa, per poter contendere seriamente la nomination all’ormai favorito Biden. È successo l’opposto.
Bernie ha ribadito, poco fa, che non intende affatto ritirarsi, ma che continuerà a sfidare Biden sui suoi temi. Tra le altre cose, ha ricordato il suo massiccio successo tra gli elettori più giovani, un elettorato con cui il partito, se vorrà vincere in futuro, dovrà prima o poi fare i conti. La sua battaglia per la costruzione di un solido movimento progressista - lo ha sempre detto - va oltre il singolo momento elettorale, per quanto fondamentale. E quindi naturale che la sua corsa continui.
Ma per vincere, ora, avrebbe bisogno di un miracolo. Ma ai miracoli, io, non credo. Stavolta persino meno del solito. Provo a spiegare perché.
MOMENTUM
No, il movimento di Corbyn non c’entra. Qua il momentum è tutto di Biden, e sembra ormai inarrestabile. Dal South Carolina in poi non sembra mancare un colpo, elettoralmente, al punto da superare di gran lunga le performance di Hillary Clinton del 2016. Pur con lo straordinario risultato della prima storica campagna di Bernie, la nomination, quattro anni fa, è stata contesa solo fino a un certo punto, va detto. Per come si stanno mettendo le cose, sembra che stavolta potrebbe esserlo ancora meno. Il MiniTuesday era fondamentale non tanto per tornare in vantaggio, ma per restare alle calcagna di Biden. Invece si è perso ulteriormente terreno. Da qui in avanti sarà molto, molto difficile che Sanders possa invertire la rotta.
FORSE NON SI VINCE AL CENTRO, MA NEL CENTRO BISOGNA VINCERE
Gran parte del messaggio di “eleggibilità” di Sanders era legato alla sua capacità di entrare in sintonia con i lavoratori degli stati centrali che Trump era riuscito a strappare ai democratici nelle elezioni generali del 2016. Al momento, però, Sanders non ha vinto il più importante, il Michigan, e ha peggiorato le sue performance di 4 anni fa. Sembra che parte dell’elettorato progressista che non digeriva la Clinton si sia fatto persuadere dalla narrazione mediatica che vede in Biden il candidato giusto per unire il partito e sconfiggere Trump. Temo resteranno delusi, ma è ormai un fatto che Bernie non è riuscito a convincerli, stavolta. E più Biden guadagna consensi, più sarà difficile negare quella narrazione. Peraltro sembra che tranne Tulsi Gabbard, tutti gli altri candidati si siano ormai orientati su Biden, anche i più progressisti, che lo ammettano apertamente come Yang o che lo facciano capire nei fatti come la Warren.
Il campo frammentato che all’inizio della corsa sembrava penalizzare Biden, è finito per affossare Sanders, probabilmente.
DA QUI IN AVANTI LA MOBILITAZIONE, IN OGNI CASO, CONTA POCO
La grande forza di Sanders era la mobilitazione di una base entusiasta, ma oltre a non essersi dimostrata sufficiente sin qui, le sue chance di sfruttarla a suo favore stanno esaurendosi inesorabilmente. Lo dimostra non solo il già citato Michigan, ma anche i dati di Idaho e North Dakota. Il primo nel 2016 era uno stato in cui si votava coi caucus, mentre da stavolta è passato alle primarie con voto “classico”. Questo ha certamente penalizzato Sanders ed è probabilmente uno dei motivi della sua sconfitta in quello stato. La sua vittoria in North Dakota, che è rimasto al sistema dei caucus, sembrerebbe confermare questa tesi.
Da qui in avanti, purtroppo, il sistema di voto sarà per lo più legato a primarie riservate agli elettori già registrati come democratici, il che favorirà inevitabilmente il candidato più legato all’establishment, cioè Biden. Sanders si è sempre fatto forza del coinvolgimento di persone esterne al classico elettorato delle primarie, e questo ora peserà molto.
Come se ciò non bastasse, il diffondersi del coronavirus anche negli Stati Uniti renderà molto più difficili le grandi adunate da decine di migliaia di persone che sono la spinta della sua campagna, così come il lavoro porta a porta che la alimenta. Tutto sembra mettersi in salita, per Bernie.
Rispetto alla scorsa settimana, le cose sembrano a un punto di svolta. Biden è sempre più lanciato verso la nomination. Saprà mostrarsi aperto in maniera convincente alle istanze progressiste che hanno convinto comunque milioni e milioni di elettori democratici? Saprà creare un ampia coalizione di forze popolari per sconfiggere Trump?
Il finale non è ancora scritto, e paradossalmente proprio coronavirus potrebbe giocare un ruolo non secondario nella partita, ma devo dire che non mi sento particolarmente fiducioso. Essendo un sostenitore di Sanders, ad alcuni sembrerà strano, ma come detto, non credo nei miracoli.