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Quale linguaggio si parlerebbe in una società realmente paritaria? Le parole offensive sarebbero proibite o nessuna parola sarebbe considerata di per sé offensiva? Basterà far diventare “razza” una parola vietata per far sparire i razzisti? Chi è malato e chi è in grado di curare, tra noi e la parola? “Chi parla male, pensa male e vive male” è una massima sensata o è lo sfogo violento di un personaggio nevrotico? Le parole sono poi così importanti? È ponendosi domande come queste che Stefano Bartezzaghi cerca i presupposti delle idee che vanno diffondendosi sul linguaggio e sui modi con cui vi si rappresentano i rapporti sociali. Attraversa così i territori dei tabu e degli stereotipi, delle identità e delle categorie, delle distinzioni e della cura della lingua, della forza e del potere della parola. Porta con sé due sole convinzioni: che le parole sono cose e che le parole sono cose che cambiano.

 

Stefano Bartezzaghi (Milano, 1962) ha studiato semiotica all’Università di Bologna negli anni Ottanta e ora la insegna all’Università Iulm (Milano). Tiene rubriche di giochi di parole e cruciverba per la Repubblica e il suo supplemento, Il Venerdì. I suoi ultimi libri sono Banalità. Luoghi comuni, semiotica, social network (Bompiani 2019); Mettere al mondo il mondo. Tutto quanto facciamo per essere detti creativi e chi ce lo fa fare (Bompiani 2021).

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